Schiave d’amore, Degustazione di vecchie annate di Schiave
By Roberto Calderan
Ora, 23 febbraio 2013
Una degustazione molto interessante quella di sabato scorso ad Ora a contorno della manifestazione di presentazione dei vini premiati nell’edizione 2013 della guida Vinibuoni d’Italia per l’Alto Adige. Il nostro caro Angelo ha voluto infatti stupirci sacrificando non poche bottiglie della sua collezione privata per un assaggio davvero speciale e inatteso, totalmente al fuori degli schemi canonici: vecchie annate di vini altoatesini a base di uva schiava!
L’obbiettivo è semplice e corrisponde ad un vecchio pallino di Angelo: dimostrare che anche i vini
prodotti da questo semplice ed umile vitigno, quando coltivato e vinificato con sapienza, possiedono potenzialità di invecchiamento fino ad oggi inesplorate o forse finora solo tenute nascoste negli esperimenti segretati di qualche produttore.
E così nella suggestiva cornice degli storici locali della vecchia stazione ferroviaria della linea per la Val di Fiemme, oggi sede del circolo ARCI che ha ospitato la manifestazione, una ventina di bottiglie hanno fatto bella mostra di sé, in rappresentanza di quasi tutte le tipologie e di un buon numero di vendemmie, dal 1999 al 2007.
Confesso che, essendo stato incaricato di allestire e presentare la degustazione, nutrivo in partenza non poche perplessità: quante di tutte queste bottiglie avranno conservato una beva accettabile? Non dimentichiamo che si tratta pur sempre di vini che, salvo rare eccezioni, sono stati concepiti per essere consumati nell’immediato, entro i primi 1-2 anni dalla commercializzazione. Insomma, il livello d’incertezza e le variabili incognite per essere un po’ preoccupati c’erano tutti. Oltretutto fra i degustatori si trovava anche qualche pezzo da novanta dell’enologia sudtirolese, Willi Stürz e Stephan Filippi tanto per fare dei nomi, che non avrebbero certo lesinato un parere critico.
Ma la fede incrollabile di Angelo e l’ardente curiosità da subito manifestata da Johann Pfeifer di Pfannenstielhof che oltre ad aver un vino premiato si è trovato rappresentato in batteria con ben 2 annate del suo Santa Maddalena, mi hanno convinto che era il caso di buttarsi sui vini senza tante esitazioni.
Solo due precauzioni, rivelatesi azzeccate: stappatura delle bottiglie almeno mezz’ora prima dell’assaggio e temperatura di servizio leggermente fresca, sui 12°-13° all’incirca.
L’ordine di assaggio ha cercato di stabilire una certa scala di complessità crescente dei campioni: si è partiti perciò dalla tipologia Lago di Caldaro, che dovrebbe essere quella più semplice e immediata, per passare poi alla denominazione Alto Adige Schiava e concludere quindi con i Santa Maddalena che, grazie all’apporto del Lagrein, vitigno tradizionalmente più incline all’invecchiamento in bottiglia, avrebbero garantito – almeno sulla carta – una serbevolezza maggiore. Pure rappresentate due tipologie minori, ciascuna con una bottiglia, come la denominazione Colline meranesi (Meraner Hügel) e la sotto-denominazione Valle Isarco (Eisacktal).
Solo due campioni erano inficiati dal sentore di tappo, prontamente rimpiazzati con bottiglie di riserva.
Ebbene la degustazione si è rivelata una sorpresa e non ha affatto deluso le attese, raccogliendo consensi pressoché unanimi. Praticamente nessun vino – e già questa mi pare una notizia – ha mostrato con evidenza i segni del tempo come ad esempio l’ossidazione o l’accentuazione di sentori troppo evoluti dovuti alla riduzione o a trasformazioni chimiche indesiderate. Certo qualche bicchiere aveva perso le iniziali caratteristiche di freschezza e immediatezza, ma nessuno si è rivelato totalmente seduto o definitivamente appiattito.
Ma passiamo in disamina un po’per volta i campioni.
La tipologia Lago di Caldaro è quella che effettivamente è sembrata in generale risentire più delle altre l’allungarsi del tempo trascorso in bottiglia con alcuni esemplari invero un po’ spenti e appesantiti. Mi riferisco ad esempio al lago di Caldaro scelto 2004 della Cantina di Termeno e al Lago di Caldaro 2002 di Ritterhof. Ben più in forma invece il Lago di Caldaro DeSilvas Peterleiten 2004 della Cantina Peter Sölva & Söhne, ancora vivo nel colore e ben caratterizzato da profumi di frutta matura al naso. Al palato è equilibrato e privo di qualsiasi asprezza tannica. È bene ricordare che si tratta di vecchie vigne sui terreni argillosi e sabbiosi ubicati proprio in prossimità delle sponde del lago. La grande sorpresa arriva però dalla selezione Leuchtenburg 2003 della cantina Erste&Neue, che si conferma vera specialista della tipologia: un bicchiere ancora straordinariamente integro nel bouquet fruttato dove a dispetto della caldissima annata si riescono a cogliere ancora delle belle ciliegie; in bocca è perfettamente equilibrato e la schiava si riconosce subito per l’inconfondibile gusto amarognolo che accompagna il retrogusto.
A seguire un breve passaggio in due zone per così dire periferiche, iniziando dalla Val d’Isarco dove la Schiava non è propriamente di casa. La Cantina Valle Isarco vi produce comunque da sempre una Schiava fresca e gradevole ottenuta da vigneti situati all’ingresso della valle, poco a nord di Bolzano. La ritroviamo qui nell’edizione 2002, ben 10 anni dopo la vendemmia! L’età si fa in effetti abbastanza sentire: tuttavia anche questo campione, dopo una fase iniziale di assestamento nel bicchiere, riesce ancora ad esprimere il suo carattere delicato e gentile. Si salta quindi nel Burgraviato con la Cantina Merano rappresentata dalla selezione Eines Fürsten Traum del 2006, un Meraner Hügel proveniente dai pregiati vigneti dei pendii del Küchelberg a Dorf Tirol a 400 metri di altezza. Un vino ancora ben vivo e beverino, con piacevoli sentori di frutta matura al naso. E sempre per restare da quelle parti, ecco la Schiava “biologica” 2005 del Biedermannhof di Cermes: un bicchiere sorprendente per carica aromatica, freschezza ed eleganza, a dispetto della veste cromatica forse un po’ troppo scarica.
Si prosegue quindi con la pattuglia più numerosa, quella della denominazione Alto Adige Schiava. E siccome ci piace vincere facile, partiamo con la Schiava Gschleier 2003 della Cantina di Cornaiano: un vero e proprio monumento che da solo basta a convincere gli astanti sulle tesi alla base della degustazione. Vigne centenarie su un terreno calcareo e ghiaioso, bassa resa per ettaro, insolazione ottimale ed ecco compiersi il miracolo: un vino del tutto integro, dal carattere robusto e virile, un tannino incredibilmente solido e fitto. E ciononostante perfettamente riconoscibili rimangono le tipicità sensoriali del vitigno: frutta di bosco, mandorla, violetta. Un inchino e un appunto ai degustatori della Guida che al momento dell’uscita di questo vino non si erano ritenuti pienamente convinti in quanto lo consideravano fin troppo concentrato, succube della torrida annata, eccezionale per ore di soleggiamento e scarsità di piogge.
E dopo tanta commozione, che dire delle annate 2002 e 2003 della Schiava Galea della Cantina di Nalles e Magrè? Un’altra fantastica sorpresa, segno che non solo l’Oltradige ma anche la Bassa Atesina ha qualcosa da dire sulle schiave – si parla anche qui di ceppi ultracentenari . Entrambi i campioni risultano puliti al naso, delicati e vellutati in bocca e al retrogusto esprimono sensazioni speziate e tostate non ravvisabili quando bevute da giovani. Si fa preferire la vendemmia 2002 per quel tocco di acidità in più che rende la beva leggermente più godibile. L’alta considerazione da sempre prestata dalla guida Vinibuoni a questo vino, dall’eccezionale rapporto qualità-prezzo, si dimostra quindi del tutto ben riposta.
A seguire 3 Schiave di qualche anno più recenti da usare come termine di confronto. Anzitutto torniamo nel Comune di Appiano per assaggiare la Schiava Pagis 2009 della Cantina di San Michele: il vino più giovane della batteria. Qui il colore è ancora molto intenso e pronunciato, così come la gamma degli odori che risulta assai complessa e variegata. Potremo tranquillamente lasciarlo in cantina per qualche anno ancora. Ci si sposta quindi a Bronzolo con la Vernatsch 2007 della Tenuta H.Lentsch, un bicchiere sapido e quasi minerale, ottima espressione dei terreni porfirici da cui proviene. E per finire la Schiava Campenn 2006 di Thomas Unterhofer, altro campione da incorniciare per precisione del frutto primario ed equilibrio organolettico: nessuna voglia di sedersi o di lasciarsi andare ad una serena vecchiaia. Val la pena di ricordare che anche in questo caso si tratta di vecchie pergole di almeno quarant’anni , in posizione fortemente soleggiata e dove si dichiara l’uso, oltre che della schiava nobile, anche della desueta varietà Tschaggele. Un motivo di apprezzamento in più.
Non ci resta che terminare con l’ultima serie di 7 bicchieri dedicati ai Santa Maddalena. Cominciamo con il Bischofshof 2002 della Cantina di Cornaiano: un vino che appare certamente pulito ed elegante, con un profilo discreto e affatto esuberante, ma che probabilmente ha conosciuto in passato momenti migliori. Più convincente il Santa Maddalena classico 2004 di Georg Ramoser dello storico maso Untermoserhof , ancora scattante e vivace al palato con delle note evolute abbastanza accattivanti al retrogusto. Prima di immergerci nelle annate più vecchie, ci si concede un più rilassante Santa Maddalena 2007 di Thurnhof, che conferma in pieno le sensazioni di mirtilli e lamponi già registrate sulla Guida Vinibuoni del 2009 e che gli valsero 3 stelle. Sarà senz’altro capace di affinarsi ulteriormente.
Eccoci dunque al classico Huck am Bach della Cantina Bolzano, un vino da sempre apprezzato dalla nostra Guida e più volte premiato con il massimo riconoscimento della “corona”. Oggi è presentato nell’edizione del 2002 quando ancora la Cantina di Santa Maddalena non si era fusa con quella di Gries. Fin da subito un ottimo impatto: profumi freschi, vinosi e tipici introducono un palato molto delicato, quasi un velluto per morbidezza ed eleganza. Non ha affatto perso smalto grazie soprattutto ad una buona dose di acidità che lo accompagna lungo tutto il percorso gustativo. Insomma nessuna delusione, ma solo conferme. Scendiamo quindi nel secolo scorso e affrontiamo il Santa Maddalena Rondell di Glögglhof della vendemmia 1999. Questo fantastico cru – una collinetta semisferica perfettamente e interamente pettinata dalle pergole – nel cuore della zona classica è solito fornire vini più strutturati e concentrati della media con un apporto del lagrein di circa il 7%. E il 1999 non fa eccezione: colore ancora scuro senza concessioni a sfumature aranciate o mattonate; naso profondo ricco di rimandi cha vanno dalla frutta cotta a sentori terrosi e di cuoio; al palato i tannini sono molto morbidi e stabilizzati. Il finale di bocca forse non è all’altezza delle aspettative, ma del resto non si può avere proprio tutto.
E concludiamo in bellezza il percorso con la coppia di annate 2000 e 2002 del Santa Maddalena di Pfannenstielhof: due splendide sorprese per tutti tranne che per Hannes e Margareth Pfeifer, presenti alla degustazione e che di certo si aspettavano questa performance, visto che sono soliti effettuare verticali dei loro vini. Difficile decretare il migliore fra i due, ma alla fine quasi tutti si sono orientati al 2002 che è forse quello più preciso, levigato e rotondo, ancora morbido e chiaramente definito nei suoi caratteri originari. Questa vendemmia, a differenza di quanto successo nel resto d’Italia, è stata davvero notevole in Alto Adige e continua ancor oggi a regalare emozioni. Il 2000 appare solo un leggermente più pesante e pastoso, ma di fatto sullo stesso livello del fratello più giovane. Successivi assaggi nel corso della serata hanno offerto conferme e spunti sempre nuovi e interessanti.
Un vero successo quindi e una bella esperienza gustativa specialmente per chi, come noi, ama questo vitigno, o meglio questa famiglia di vitigni, ricca di storia e tradizione e così legata all’antropologia culturale di questa terra.
Insomma è proprio il caso di dirlo: lunga vita alla schiava!
1. Erste & Neue – Lago di Caldaro classico superiore Leuchtenburg 2003
2. Tramin – Lago di Caldaro scelto 2004
3. Ritterhof – Lago di Caldaro scelto classico 2002
4. Peter Sölva & Söhne – Alto Adige Lago di Caldaro scelto classico DeSilvas Peterleiten 2004
5. Cantina Valle Isarco – Alto Adige Schiava 2002
6. Kellerei Meran – Alto Adige Meraner Hügel Eines Fürsten Traum 2006
7. Biedermannhof, Johann Innerhofer – Vigneti delle Dolomiti Schiava 2005
8. Thomas Unterhofer – Alto Adige Schiava 2006
9. Kellerei Nals Margreid – Alto Adige Schiava Galea 2003
10. Kellerei Nals Margreid – Alto Adige Schiava Galea 2002
11. Kellerei S.Michael-Eppan – Alto Adige Schiava Pagis 2009
12. Weingur H. Lentsch – Alto Adige Schiava 2007
13. Kellerei Girlan/Cornaiano – Alto Adige Schiava Gschleier 2003
14. Kellerei Girlan/Cornaiano – Alto Adige Santa Maddalena Bischofshof 2002
15. Thurnhof, Andreas Berger – Alto Adige Santa Maddalena 2007
16. Untermoserhof, Georg Ramoser – Alto Adige Santa Maddalena classico2004
17. Cantina Santa Maddalena – Alto Adige Santa Maddalena classico Huck am Bach 2002
18. Pfannenstielhof – Alto Adige Santa Maddalena classico2002
19. Pfannenstielhof – Alto Adige Santa Maddalena classico2000
20. Franz Gojer, Glögglhof – Alto Adige Santa Maddalena classico Rondell 1999
a) Schreckbichl/Colterenzio – Lago di Caldaro scelto classico superiore 2003 T A P P O
b) Kellerei S.Michael-Eppan – Alto Adige Schiava Pagis 2004 T A P P O