Funes. Malga Ochsenweide. 1800 metri. Il verde dei pascoli alpini nel pieno del suo splendore. Qui, sotto i larici le pecore della Val di Funes si riposano dopo una mattinata passata a brucare l’erba grassa del pascolo comune. Poco lontano i contadini e allevatori della valle hanno preparato il banchetto. Per fortuna che le pecore non sanno… La festa è allegra. La gente numerosa. La fila di panche ospita amici, conoscenti. Turisti e curiosi sono tanti. In quota si arriva con un bus navetta lungo una stretta “trazzera” che, a saperlo, avresti percorso più volentieri a piedi. L’aria pungente della mattina lascia il posto a un pallido sole che pian piano conquista il cielo. Sulla griglia sfrigolano intanto le salsicce di carne di agnello e le costolette.
In un pentolone invece sobbolle il gulasch che viene servito con i canederli o la polenta. Le cameriere improvvisate corrono da un capo all’altro dei tavolacci mentre due ragazzi ingaggiati suonano con la fisarmonica le allegre e romantiche marcette della tradizione.
Qui in fin dei conti si festeggia una battaglia vinta. La Villnösser Brillenschaf, la pecora con gli occhiali della Val di Funes è salva. Slow Food ne ha fatto il quarto presidio dell’Alto Adige. E per quanto qui nessuno abbia ancora ben capito cosa sia tutti sanno che è una cosa importante che fa bene alla valle. Il piccolo e timido ovino con gli occhi cerchiati di nero ormai è sulla bocca di tutti. Quasi il simbolo della comunità. Richiamo potente per turisti e giornalisti. C’è orgoglio tra gli allevatori. Johann Messner. Ex sindaco del paese e tra i primi allevatori della zona non smette di raccontare gli aneddoti legati a questa attività marginale, ma da sempre preziosa. E non fa nulla se la presenza delle pecore qui è più recente di quel che si dica e che incroci recenti l’abbiano resa più somigliante alla parente originaria della Carinzia. Qui la pecora ha sempre giocato un ruolo importante. Come in Val Senales, dove i pascoli più ripidi impedivano l’accesso alle mucche. Non per il formaggio che, almeno qui non si è mai fatto. Ma per la carne e la lana. Un tempo le pecore erano poi quasi tutte scure. Johann Messner dice meno del 10percento erano bianche. Con la lana nera o grigia, infatti si facevano i Sarner. Le giacche intere o sbracciate di lana grossa tradizionale che anche lui ancora indossa. L’altro utilizzo della pecora era per la carne. Particolarmente pregiata quella delle piccole pecore della Val di Funes, che gli allevatori andavano a vendere sui mercati ricchi della Bassa Atesina ed erano sempre le prime ad andar via.
La piccola pecora sopravvissuta alla selezione delle razze “di tipo nazista” specifica Johann Messner, è ormai la regina incontrastata delle stalle dove per anni si nascondeva in attesa che il padrone stufo del basso apporto all’economia domestica decidesse di liberarsene definitivamente. Per fortuna c’era quasi sempre lo sguardo triste di un bambino a frenare le decisioni paterne e le pecore con i loro discendenti rimanevano li nelle stalle a rallegrare le dure giornate di lavoro delle famiglie contadine.
Oggi la pecora vine ricercata per la carne. Stefan Unterkircher e i suoi soci hano creato un marchio, Furchetta con cui commercializzano prosciutti, salsicce e salami di pecora. Furchetta, come il nome della cima che sovrasta la valle. Qualche contadino, soprattutto in paese, lavora la lana. Naturwolle è il nome più conosciuto. Capi di abbigliamento, cuscini e altri prodotti la sua specialità. Anche la cucina della valle comincia a valorizzare i prodotti della pecora.

Johann Messner accanto alcune delle "sue "pecore. L'ex sindaco di Funes è stato un dei primi allevatori a credere nella conservazione di questa razza.
Pitzock è il ristorante più famoso e il suo stinco di pecora su risotto alle erbe della valle compensa ampiamente il viaggio fin qui. In questo paese che sembra quasi un punto di approdo felice. Pieno di verde, orti rigogliosi e ordinati siepi di ribes rosso pronto a diventare sciroppo e marmellata. Tradizioni e sapori di montagna che non ci si stanca mai di scoprire e provare.